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Il treno dei bambini (Viola Ardone)

  • Immagine del redattore: dalibookblogger
    dalibookblogger
  • 27 apr 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 22 mag 2020

Un romanzo imperdibile, fatto di silenzi, legami ancestrali e riflessioni profonde.

Se domani mattina il genio della lampada mi chiedesse qual è il mio desiderio, risponderei che vorrei essere capace di esprimere con le parole almeno la metà di ciò che riesce a esprimere Viola Ardone. “Il treno dei bambini” è un romanzo potente, che ti entra dentro: negli ultimi mesi l’ho regalato a cinque persone (tra cui mio padre). Al momento, quindi, sono a quota sei copie acquistate, ma potrei continuare. Attendo dall’autrice un riconoscimento tipo premio-fedeltà.


"Mia mamma avanti e io appresso. Per dentro ai vicoli dei Quartieri spagnoli mia mamma cammina veloce: ogni passo suo, due miei. Guardo le scarpe della gente. Scarpa sana: un punto; scarpa bucata: perdo un punto. Scarpe nuove: stella premio. Io scarpe mie non ne ho avute mai, porto quelle degli altri e mi fanno sempre male".

La cornice storica

Viola Ardone riporta alla luce, con grazia e rigore allo stesso tempo, un episodio poco conosciuto della storia italiana, raccontando come, negli anni del dopoguerra, le comunità partigiane del mezzogiorno organizzassero clandestinamente il viaggio verso il nord Italia dei bambini più poveri, con lo scopo di riuscire a far passare loro l’inverno, ospitati da famiglie pronte a prendersene cura. E se questo episodio, così importante e nobile, fa da cornice alla storia, la voce narrante del piccolo Amerigo la regge benissimo, facendosi portavoce di un esercito di italiani che, in quei terribili anni, non aveva neanche la possibilità di indossare un cappotto per ripararsi dal freddo. La scena dei cappotti lanciati dai bambini, dai finestrini del treno in partenza, verso chi resta al sud privo di aiuti, concentra in poche righe tutta la potenzialità cinematografica di questo testo, al punto che sembra di vedersela sfilare davanti agli occhi, con il suo carico di dolore, di mestizia e di grandezza.


La voce narrante

Impressionante il lavoro condotto dall’autrice sulla voce narrante, perfettamente calata in una visione del mondo elementare, come quella di un bambino, ma allo stesso tempo sincera, per la sua aderenza alla realtà delle cose, fatta di bisogni concreti, di metri di giudizio reali, di oggetti tangibili. Con Amerigo torniamo bambini anche noi, e con lui cresciamo fino all’età adulta. Amerigo ci prende per mano e ci porta con sé. Prezioso il lavoro di ricerca storica sotteso alla narrazione. Ho la netta percezione che chi abbia vissuto questa esperienza si riveda nelle sensazioni provate dal nostro protagonista: gratitudine, per essere ospitato da una famiglia che può permettergli un’esistenza dignitosa, ma anche un senso di vergogna e di umiliazione nel ricevere quella specie di carità mascherata. Vorrei dirti, Amerigo, che non c’è niente di cui vergognarsi, perché ciò che hai vissuto rappresenta un bellissimo esempio di solidarietà, e tutti, oggi, domani e sempre, dovremmo conoscerlo e ricordarlo. L’ambivalenza, a mio parere, caratterizza il mondo interiore del protagonista, con il senso di lacerazione che ne consegue: perché affezionarsi alla nuova madre, quella della famiglia ospitante, amorevole e attenta, è un po’ come tradire la madre vera, quella rimasta a Napoli, più rude e burbera. Cosa indica, in fondo, la parola famiglia? La nostra famiglia biologica o quella che ci accoglie? Forse entrambe, ognuna a suo modo. Bellissimo, e commovente, il legame ancestrale col proprio luogo d’origine, con la propria madre, con un passato irrinnegabile e caro, nonostante tutto.

E il ricordo dell’infanzia per Amerigo diventato adulto è struggente, nel bene e nel male, come per tutti noi.


Perché leggere "Il treno dei bambini"

Volevo scrivere tanto su questo libro, invece mi rendo conto di non aver detto niente. Lascio a voi la lettura. Perché il romanzo di Viola Ardone non è soltanto la storia di Amerigo, ma quella di tutti noi. Perché ognuno, a pensarci bene, ha le proprie radici dentro, fatte di rumori e di voci, di strade e di vicoli, di ricordi, di parole non dette, di legami sfilacciati ma indissolubili, tra silenzi e incomprensioni, di delusioni, di sogni e di aspirazioni. E non importa quanti chilometri finisci per metterci in mezzo, crescendo. Ma è anche la storia di un’Italia che c’è, tra mille difficoltà, e che si rende protagonista di episodi di meravigliosa solidarietà. Indimenticabile.

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